Ogni estate Ludovica ritornava al paese dei suoi nonni.
Ormai aveva quindici anni e non le piaceva molto andare là. La casa era grande
ma un po' cadente. Era arredata con mobili antichi (vecchi direbbe lei), il pavimento
era di legno e cigolava ad ogni passo che dava.
Tuttavia c'era qualcosa di strano che Ludovica non sapeva
spiegare e che la faceva sentire piena di libertà. La casa era in mezzo al blu,
nella periferia del paese, il mattino soltanto si sentiva il canto degli ucelli. C'era un orto quasi
morto perché non lo coltivava nessuno e , indietro, si estendeva una pianura che
correva chilometri e chilometri cercando le montagne. Al tramonto il paesaggio
collinario diventava nero e arancione, nascondendo il sole che
pigro, non vedeva l'ora di andarsene. Era una vista di sogno a occhi aperti.
Quando era piccola, sei o forse sette anni, suo nonno la
portava a raccogliere la flora montana. La montagna era piena di fiori di tutti
i colori. Ce ne erano soprattutto
vicino ai molteplici fiumi che ancora
si trovano lì. Gialli, verdi, azurri, rossi, sempre raccoglieva i rossi giacché
erano i suoi preferiti.
Non era una zona costiera ma sì lacustre e anche se era
vietato pescare nei fiumi, si poteva farlo nei laghi, perciò Ludovica passava
gran parte del suo tempo con una canna tra le sue mani.
Erano tempi felici, potrebbe dirsi che era una famiglia
allargata dove regnava la pace e la tranquilità; tutti uniti, nonni, figli,
nipotini, cugini, cognati ecc. Adesso suo nonno è morto, i suoi genitori sono
divorziati e nessuno viene a vedere la nonna, soltanto lei ritorna ogni estate
per farle compagnia e per ricordare
i tempi che non ritorneranno più.
Carletto
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