Erano i primi giorni dell’inverno, c’era freddo, il vento
faceva sbattere tutte le finestre della
casa e Andrea era da solo con i suoi ricordi. Lì dove aveva vissuto quando era
poco più di un bambino. Ora che i suoi genitori
erano morti da poco e Teresa lo
aveva lasciato tre anni fa, si trovava nella casa della sua infanzia. Di fronte
a sè c’era un baule che appena ricordava
che esisteva, infatti non saliva mai al soffitto, perché sua madre diceva che non era sicuro.
Poco a poco ricordava, ricordava, ricordava...
Andrea:
Oh!, ecco il cavallo a dondolo con cui sognavo di essere
un gran capitano, la palla con cui avevo rotto un cristallo della finestra del
soggiorno; la mia mamma mi ha detto: “Quando sarai grande non ti piacerà
ricordare tutto questo”. Ma non era vero, avevo soltanto un po’ di nostalgia
per le cose e le persone che non sarebbero venute mai.
Ma va, Cosa abbiamo quì? Ah, sì, il foulard che mettevo
alla testa per fare il pirata, e come si arraviava Gigi perchè lui non ne aveva uno uguale. Gigi era
figlio di zia Carlota, noioso, debole, un po’ grasso, aveva paura di tutto, non
potevamo andare via perchè sua madre diceva che era pericoloso. Quando era con
noi, la sera ci sembrava eterna. Ma tutta l’estate dovevamo essere con lui, abitava vicino a noi ed erano gli unici bambini in dieci chilometri.
Ma guarda! Il quaderno dei miei disegni, ecco l’uccello che stava sempre sull’albero
dell’ingresso della casa, una mucca, un porcellino, un gallo... e Marcela, la
figlia del contadino Michele, dove sarà adesso? Sarà sposata? Avrà figli?,
Beh, che me ne importa!
Mio padre diceva che sarei
stato pittore, managgia! Adesso faccio l’impiegato otto ore al giorno in un
ufficio perso della mano di Dio.
Era il mio destino, essere da solo rimanendo soltanto con
il mio gatto e con i miei ricordi...
Carletto
Continuerà
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